Interviste ai protagonisti del Dental Forum 2013:
Franco Tosco Fondatore di Lessicom ed esperto di Organizzazione Aziendale applicata agli Studi Odontoiatrici.
Franco, la situazione
economica difficile deve indurci ad attendere a fare investimenti per
migliorare la struttura?
La tipologia degli studi odontoiatrici mono professionali o associati,
dal nostro osservatorio, si sta molto semplificando. Ci pensa la situazione
economico finanziaria e sociale internazionale e nazionale.
Delle 3 grandi fasce in cui collocare gli studi:
-
sopravvive quella più bassa che si gioca i pazienti che non possono attendere i
tempi dilatati dell’accesso al servizio pubblico o che non pensano alla
patologia orale come una malattia.
- vive
bene quella alta, quella della qualità che mira all’eccellenza. Qui l’afflusso
di clientela è in crescita significativa e proviene dalla fascia di mezzo, alla
quale la classe più alta sottrae in maniera definitiva il pacchetto clienti.
Sempre qui, l’aumento della produttività è significativa e talvolta importante,
anche a due cifre.
- realmente
in crisi è (o era) la
fascia di mezzo, quello della realtà mono professionale
con uno o due giorni dell’igienista, dell’ortodontista ogni 15 giorni o tre
settimane, di un collaboratore endodontista magari cinque o sei ore a
settimana. Magari due o tre assistenti che, a rotazione o a caso, svolgono la
funzione di segreteria([1]).
Secondo
noi è quella destinata in tempi medio brevi a scomparire.
Anche per motivi anagrafici, concentrando in sé, in modo importante,
una popolazione odontoiatrica con età più elevata e comunque superiore ai
cinquant’anni. Sono
professionisti la cui precedente esperienza
relativamente facile non li ha allenati a immaginare o ad affrontare il
cambiamento, condizione indispensabile per sopravvivere ora e riprendersi alla
fine del periodo difficile. Non è il caso di richiamarsi al futurismo e a
Marinetti, pensando alla crisi come ad una grande scopa del mondo che fa
pulizia, ma è sufficiente richiamarsi a Darwin e alla sua selezione della
specie. Sopravvivono i più adatti.
Ma chi ritiene di potercela fare, perchè in possesso
di professionalità adeguata, o ritiene di dovercela fare, perchè ad esempio ha
figli che devono subentrare nell’attività, allora deve investire. Ed è questo
il momento di farlo. Investire sì, ma in che cosa?
Innanzittutto nel proprio Studio. Che significa poi
scommettere e investire su di sé. Il proprio Studio deve essere dodato di tutto
quanto serve per esprimere al meglio la professionalità del titolare, la deve
esaltare. Quindi con tutte le attrezzature e le tecnologie più avanzate. Che
naturalmente vanno mostrate e indicate ai pazienti perchè colgano il valore
della qualità e facciano i confronti con le altre realtà che non le utilizzano.
E con la formazione importante al corrispondente utilizzo da parte delle
Risorse Umane di assistenza. Perche le RU formate prendono coscienza di sé,
crescono in autostima, lavorano meglio, producono di più a pari condizioni e
trasmettono la sensazione di serenità e qualità ai pazienti.
Se questo è un periodo in cui c’è in qualche studio
una parziale flessione di accesso, quel tempo va impiegato per formare e
studiare e prepararsi alla fine del tunnel. Perchè è comunque certo che il
tunnel, se non ti siedi e lasci andare avanti gli altri, prima o poi finisce e
se ne esce. E occorre essere preparati all’incognita che si troverà.
[1]) I
liberi professionisti sono da valutare con particolare attenzione. La loro
collocazione li pone in teoria tra coloro che non dovrebbero soffrire
particolarmente in questo momento. Ma subiscono per contro una pesante
selezione al loro interno, e ciò vale per tutte le aree professionali. Nella
condizione socio-economica precedente anche professionisti di media capacità
avevano comunque un loro mercato a cui attingere, il che permetteva loro di
mantenere un trend di vita tranquillo. Ora, sotto la spinta della minore
disponibilità finanziaria, tutti coloro che accedono all’attività dei
professionisti (avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, architetti,
medici, dentisti etc.) vogliono la qualità, vogliono il professionista di
livello alto. Disposti anche a pagare di più, ma a fronte di risultati che
durino nel tempo e che non richiedano, se non nella misura minore possibile,
ulteriori interventi correttivi. Il nostro Paese ha visto proliferare una pletora
atipica di professionisti in quasi tutti i settori di specializzazione, tale da
non avere confronti con quasi nessuno degli altri paesi Europei. Ciò perché si
mirava soprattutto a quelle professioni, pur disponendo di capacità medie, che
garantivano una vita economicamente agiata o serena. Oggi si va alla selezione.
I clienti si indirizzano verso la qualità e l’eccellenza: chi non è in questa
fascia è destinato a scomparire. Per restare nel mondo odontoiatrico, in Italia
il rapporto dentista-paziente è attorno a 1/800. Nella media europea abbiamo
circa 1/2000. E’ nelle cose che in tempi medi il nostro “parco dentisti” si
dimezzi.
Davis Cussotto
Presidente ANDI Asti
davis@lostudiodentistico.it
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